Lei, Dottoressa, è una persona che si sofferma, che fa la differenza.
Dalle sue esperienze trae sempre insegnamento, non solo, ma dà modo a chi  l’ascolta di crescere, potendo così sentirsi migliori riscoprendo la propria umiltà.

Leggendo appunto il suo articolo, mi è venuto in mente quando poche settimane fa, ho fatto visita ad una mia amica in ospedale nel reparto di psichiatria.
Anche anni addietro mi è capitato di andare a trovare qualche paziente nel reparto, e la sensazione di sconforto è stata la stessa.
Come sempre l’accoglienza degli operatori è gentilissima, come sempre il reparto è tenuto al meglio, malgrado la struttura sia molto vecchia.
Ma la pena per gli ammalati me la porto nel cuore. Nessuno si cura di loro, nessuno interviene per la loro solitudine, nessuno che li distoglie dalle loro fissazioni, nessuna distrazione dal loro mondo.
Come ha detto Lei ”è un atto dovuto” dare attenzione a chi soffre.
Anche a Novara  ho constatato  la stessa realtà; solitamente nelle camere di tutti gli ospedali siamo abituati a vedere persone gentili e  disponibili cioè i volontari.
La parola stessa lo dice: volontà di una persona sensibile che si mette a disposizione di chi ne ha bisogno, debole , vulnerabile che sia.
Un volontario, attraverso le direttive dei medici potrebbe aiutare moltissimo il malato mentale.
Le associazioni di volontariato sono poco presenti in psichiatria.  
Rafforzando queste figure, si farebbe un passo avanti oltre la psicoeducazione del malato.

lettera firmata

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