In una ricerca sul Burn out e i fattori che incidono 80 volontari della Croce Rossa di Pavia sono stati divisi in due gruppi: il gruppo delle emergenze e il gruppo degli interventi di routine.
 
Risultati ottenuti attraverso Maslach Burnout Inventory sono:
il gruppo delle emergenze ha evidenziato un elevato livello di depersonalizzazione con atteggiamenti orientati al cinismo e al distacco, con uno stato di esaurimento emotivo per i capi squadra;
il gruppo dei servizi routinari aveva un elevato valore di insoddisfazione per le relazioni vissute con i personale medico e infermieristico, dove si è riscontrato un problema relazionale e organizzativo.
(Gennaio 2008 Punto Sicuro, Anno 10 Numero 1866 )
 
Azioni di volontariato diverso, quello delle emergenze e del servizio di routine che porta comunque a una forma di esaurimento e logoramento in Corpo Anima Mente.
 
Il volontario per il malato è un compagno di viaggio
Il più umano dei viaggi: quello che attraversa i territori impervi della malattia e del dolore, della disabilità e della perdita di autonomia, della dipendenza fisica e psichica, della paura e della solitudine, della speranza e della morte. 
In questo bisogna essere ben preparati.
 
Quali sono i motivi che mi spingono a essere un volontario?
Conosco le mie motivazioni?
Le persone con cui interagirò hanno bisogno di me, del mio sorriso, della mia pazienza, del mio sostegno. E' rischioso avere motivazioni spurie, riparative, autocelebrative o narcisistiche (“Quanto sono buono... o bravo!”).
 
Conosco le mie fragilità e i miei punti di forza? 
Vivrò momenti difficili quindi devo sapere a quali risorse attingere per non esaurire le forze
E' molto importante saper mantenere un senso di radicamento con se stessi perché mi potrebbe capitare di dover sperimentare la sensazione di equilibrio sull'altalena.
Dovrò essere capace di provare emozioni sincere con quelle altrui, sentire il dolore e la solitudine dell’altro, e al tempo stesso essere solido, così “da non... travolgere o non turbare il malato con un’emozionalità non controllata”, come ben argomenta Luciano Manicardi in “L’umano soffrire” (Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, 2006). 
 
Voler il bene dell'altro deve tramutarsi in presenza, ascolto spesso silenzioso ma intenso, conforto. 
Questa forma di voler bene diventa amore che cura.
Nello stare vicino, nel far sentire la propria presenza affettuosa, il volontario trasmette un senso di solidarietà che  incoraggia a guardare la vita con occhi nuovi. Il conforto, lenisce la depressione e l’ansia e può incoraggiare a reagire meglio alla malattia.
 
Per fare questo il volontario ospedaliero, deve prepararsi bene, dal punto di vista emotivo, morale e fisico, perché il dolore dell'altro devo imparare a gestirlo e non assorbirlo trasformandolo in un mio dolore psichico.
 
A seconda del tipo di assistenza e del tipo di disagio e disturbo presente nel paziente devo svolgere la mia opera di volontario nella totale accettazione dell'imprevisto. Inaspettatamente il percorso potrà aprirsi su due principali orizzonti: 
uno luminoso, di fiducia, di rinascita e di speranza, dove è esaltante accompagnare il malato nel percorso di guarigione. Questo porterà a una personale crescita interiore, emotiva e spirituale. 
Spirituale in senso profondo. Manicardi nel suo libro riferisce: “La malattia si presenta infatti come evento spirituale perché fa emergere o risveglia in (quasi) ognuno di noi, malato, specie se di una malattia grave, la domanda cruciale sul senso della vita e dei valori dell’esistenza (...) La malattia guida l’uomo ad un ri-centramento, a considerare ciò che nella vita è veramente serio ed essenziale”.
Un altro su baratri inattesi, quando l’angoscia di morte esplode all'improvviso magari per un aggravamento dei sintomi oppure per una tardiva consapevolezza.
 
Nella pratica del volontariato è molto importante la condivisione con i colleghi. Riunioni, supervisioni o momenti conviviali permettono di crescere molto: 
in umanità quale metro ultimo del valore di una persona;
nella conoscenza di sé. Un esperienza che apre le finestre della mente e del cuore con la percezione del lato oscuro dell’esistenza; 
nella capacità di confortare e stare al fianco;
nella capacità di ascoltare, non solo con l’udito, ma con lo sguardo, il tatto, il cuore. Il contatto della mano, ad esempio, ha una valenza di cura e amore straordinaria. Ci sono persone che al solo tocco della mano si calmano rasserenando le nubi della paura e dell'inquietudine. Un gesto così semplice in realtà è carico di antichi significati che attiva il ricordo di quando, l'essere tenuti per mano dall'adulto di riferimento, mi dava la sensazione della sicurezza totale e della guida. Sapevo dove andare perché chi mi teneva stretta e salda la mano lo sapeva.
Una voce del passato irrompe sul presente con un semplice gesto. Ecco che tenere la mano nei momenti di sofferenza accompagnando il gesto con delle carezze infonde nell'altro una profonda serenità.
 
LE INTERFERENZE
Il volontario che vuole vivere al meglio questa esperienza deve guardarsi dalle interferenze: 
dal rischio che l’assistenza diventi compiaciuto mestiere, fatto di liturgie e riti e frasi fatte;
dalla presunzione di bontà o di eccellenza umana, una sorta di ricerca di purificazione della coscienza o perché “si deve fare del bene”. Il volontariato non deve essere un mezzo ma solo un fine;
che la pratica altro non è che l'alibi per non guardare altri aspetti bui della propria vita, per cui si assiste volentieri lo sconosciuto in ospedale e non i propri genitori, a casa;
dal conformismo: non si può aiutare perché è di moda, tanto meno è il caso di occuparsi della sofferenza altrui;
motivazioni troppo forti: è meglio attendere prima d’impegnarsi nel volontariato se si è reduci da esperienze traumatiche;
lo slancio eccessivo che nel tempo è destinato a ridursi progressivamente. 
 
Con tutte le difficoltà e le interferenze del caso il volontario è oggi una figura centrale della realtà ospedaliera. 
Prezioso per portare il calore di un sorriso, di una parola sincera e confortante, di una presenza affettuosa dentro la freddezza tecnologica e indifferente dei nostri ospedali.
Il malato è sempre più spesso un corpo oggetto di cure e non una persona che soffre, dove la malattia interessa più del malato, e il costo delle cure più della qualità umana.
Molti malati si vedono attraversare nello sguardo del medico o del personale infermieristico. Anche lo sguardo cura.
Uno sguardo accogliente, che attraverso il sorriso conforta e abbraccia l'anima dell'altro porta il malato nella dimensione della totale accettazione dell'accoglienza, stimolando la produzione di endorfine, neurotrasmettitori del buon umore.
E anche qui il ricordo va alla memoria del passato, quando la mamma con un solo sguardo sapeva far sorridere il suo piccolo placando ogni pianto con la forza dell'abbraccio.
La memoria sensoriale nell'infanzia registra nel corpo una infinità di informazioni che rappresentano le nostre risorse per stare bene nei momenti difficili.
Per chi poi non ha beneficiato di esperienze primarie positive, dopo una diffidenza o imbarazzo iniziale il lasciarsi andare fa sprigionare una forza in termini di energia e di ripresa fisica, psichica ed emotiva.
 
Il volontario ospedaliero si trova di fronte a una straordinaria possibilità evolutiva: uscire dalla sola prospettiva della realizzazione personale per aprirsi a una misura più grande: essere generoso. Essere generoso di sé, di quello che ha appreso dalla vita, e delle risorse affettive, intellettuali, e umane, che ha fatto sbocciare e coltivato.
E’ il passaggio dalla realizzazione personale alla passione civile, e spirituale.
 
Maslow – CAM
La piramide dei bisogni di Maslow ben descrive il crescente e completo bisogno di maturazione nell'essere umano. Secondo tale teoria i bisogni percepiti dall'individuo sono raggruppati in cinque diverse categorie e organizzati secondo una precisa gerarchia, per cui un bisogno non è motivante per un individuo se questi non ha prima soddisfatto i bisogni di livello inferiore.
Dopo aver soddisfatto i bisogni fisiologi è naturale sentire la spinta ad appagare i bisogni a livello superiore, quindi il bisogno di sicurezza, di appartenenza, di stima e di auto realizzazione.
 
Robbins -  CAM
Non solo. Accanto a questi bisogni è fondamentale corrispondere i 6 Bisogni di Robbins in corpo anima e mente:
il bisogno di sicurezza che mi infonde un censo di radicamento in me;
il bisogno di varietà che vitalizza ogni parte di me;
il bisogno di importanza che mi fa sentire bene e soddisfatto di me;
il bisogno di amore che rende ogni mio gesto, azione e pensiero carico di amore
il bisogno di crescita che induce un senso di evoluzione costante;
il bisogno di contributo per cui ogni mia azione è finalizzata ad un bene più grande ed è incondizionato
 
 
Il dolore fisico il dolore mentale
Se si può porre a distanza il dolore fisico del paziente (attraverso l'azione analgesica dei farmaci) in un rapporto di cura, il dolore mentale no, questo tipo di dolore non può essere soppresso con gli strumenti medici a disposizione, esiste un’identificazione e un’immedesimazione col dolore altrui.  L’uomo non è mai soltanto puro spettatore. Qualunque operatore sia vicino a tale esperienza, ritrova nel suo essere prima di tutto la persona che è disarmata di fronte ai misteri della vita.
“Ciò che ogni malato lascia dentro di noi con la sua morte: emozioni, affetti, sentimenti di rifiuto o d'accoglienza, di sollievo o di dolore, che sono tanto più intensi quanto più dentro di noi si è creato uno spazio e un tempo interno nei suoi confronti. Sono tracce che rimangono del percorso fatto insieme ai nostri malati” [Sapuppo, Barbiera, Bongiorno 
 
 
Bibliografia
Bodei R., Destini personali, Feltrinelli, 2002, sulla frantumazione e l’alleggerimento dell’Io contemporaneo
Ghezzani N., Volersi male, Franco Angeli, 2002, sulla vocazione al sacrificio e il masochismo morale
Ghezzani N., Autoterapia, Franco Angeli, 2005, sul rischio depressivo e suicidario nella professione psicoterapeutica
Hillman J., Cent’anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio, Garzanti, 1992, sul mondo contemporaneo, le psicoterapie spontanee e i gruppi di mutuo aiuto
Illich I., Nemesi Medica, RED, 1991, sull’esproprio della salute individuale e collettiva ad opera dell’industria medica e delle ideologie sanitarie corporative
Manicardi Luciano in “L’umano soffrire” Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, 2006 
Maslach C. La sindrome del burnout: il prezzo dell’aiuto agli altri
Messineo F, Messineo E. Strategie preventive del burnout
Natoli S. 2006, L’esperienza del dolore. Le forme del patire nella cultura occidentale, Feltrinelli, Milano 
Sapuppo M.F., Barbiera R., Bongiorno D., et Al, Il cambiamento del concetto di morte valutato secondo il significato psicologico del tempo, in: A.P.I.C.E. Selected papers. Trieste 16-20/11/2001 
Winnicott D. W., 1988, Sulla natura umana, Raffaello Cortina, Milano 1989, sulle basi psicobiologiche delle emozioni umane
Winnicott D. W., 1988, Sulla natura umana, Raffaello Cortina, Milano 1989, sulle basi psicobiologiche delle emozioni umane
 
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