elemento di stabilità psichica
I repentini cambiamenti socio-culturali a cui siamo andati incontro hanno caratterizzato la vita dell’uomo da sempre. Con il Novecento le numerose scoperte scientifiche, tecnologiche e mediche hanno permesso di migliorare la qualità della vita sotto ogni punto di vista.

L’epoca attuale, quella del nuovo Millennio, che con tanta ansia è stata attesa, sembra essere all’insegna di nuove e sempre più tecnologiche innovazioni. Tutto ciò è straordinario se si pensa da dove arriviamo, ma come in ogni cosa c’è anche il rovescio della medaglia che in tal caso è rappresentato dalle modifiche subite dai modelli di comportamento individuale, familiare e sociale.

Le persone sono immerse in uno stato di agitazione e di caos costante e la conoscenza che l’individuo ha delle macchine e della moderna tecnologia supera di gran lunga quella che ha di se stesso.

In un ambiente in continuo cambiamento l’uomo non si sente più sicuro nel fare delle previsioni, e quindi nel pianificare dei progetti a lungo tempo data la rapidità e l’instabilità che lo caratterizza. In un ambiente del genere spesso ci si sente confusi, frastornati, soli. L’unica via di salvezza per molti è l’aggrapparsi a tutto ciò che dà sicurezza; dai beni di consumo, all’accumulo di denaro, alla pace eterna promessa da ogni forma di credo. Se per l’adulto è difficile tutto ciò per il bambino è impossibile.

E’ necessario allora che l’individuo per la propria salute mentale, abbia una esatta e sicura percezione della realtà che lo circonda; questo è possibile laddove ci sia una solida identità personale da cui deriva la capacità di interagire e relazionare con l’esterno, mantenendo attiva la capacità di adattarsi alle trasformazioni socio-culturali senza esserne sopraffatto e annullato.

Ma che cos’è l’identità?
L’identità è la conoscenza, l’accettazione e l’espressione di sé in ogni luogo e in ogni tempo ed il suo sviluppo è un processo lento e progressivo che inizia fin dalla nascita a partire dal rapporto primario madre-bambino.

Con lei il bambino sperimenta la prima modalità di rapporto, che è quella di tipo simbiotico.

Cosa significa simbiosi !?
A questo termine spesso viene data una connotazione negativa di dipendenza e di attaccamento morboso, che fanno sentire la persona infantile e inadeguata.

In realtà il termine simbiosi non significa stare vicini ad una persona che sa affrontare adeguatamente il mondo vivendo di rendita passivamente, ma tutt’altro. Due persone in rapporto simbiotico, come lo sono una madre con il bambino, si muovono nella realtà conservando fra di loro un’intesa così profonda e perfetta  da poter considerare il loro comportamento come quello di una persona sola. La capacità dunque di sentire i bisogni, le paure, le gioie, i dolori e la fatica dell’altro, come se fossero proprie. E’ dunque grazie a questa capacità che una madre sa sempre come rispondere alle esigenze del proprio figlio ponendovi rimedio.

Questa situazione è vissuta fisicamente durante la gravidanza, dove madre e feto vivono all’unisono l’uno per l’altro. Successivamente la condizione di simbiosi viene esperita anche dopo durante l’allattamento, meglio se al seno. Questa esperienza rappresenta uno dei momenti di maggiore intimità che va a beneficio sia della madre che del figlio. Per ogni madre poter nutrire, dissetare e calmare il proprio figlio quando ne ha bisogno, semplicemente offrendogli il suo seno, la aiuta a superare la depressione fisiologica postparto, mentre per il bambino notevoli sono i vantaggi che ne trae. Innanzitutto si riduce la possibilità che si ammali data la ricchezza di principi nutritivi e di preziosi anticorpi di cui il latte materno è costituito. Inoltre il costante rapporto fisico facilita la condizione di simbiosi che è ugualmente indispensabile per la sua sopravvivenza. Renè Spitz, una delle figure più rappresentative della psicoanalisi contemporanea ha condotto degli studi negli anni intorno alla seconda guerra mondiale dimostrando e sottolineando la presenza di gravi disagi psicologici, e a volte anche il lasciarsi morire, in mancanza di cure materne adeguate. Egli ha potuto constatare che per la sopravvivenza del bambino e per il suo benessere psicologico è importante la presenza di un ambiente  familiare caldo e accogliente dove possa sperimentare l’abbraccio e le coccole dei genitori. Vorrei richiamare l’attenzione su questo punto, ossia sulla funzione comunicativa delle emozioni attraverso il contatto fisico, tra genitore e figlio.

Per il bambino il contatto fisico, sia che avvenga sottoforma di abbraccio o di massaggio facilita il passaggio delle emozioni e comunica un senso di vicinanza e di sicurezza, facilitando lo sblocco emotivo in momenti di crisi e di tensione. Questo intenso bisogno di contatto fisico viene poi esteso agli altri familiari, mi riferisco al padre, ai fratelli e alla presenza di eventuali nonni.

Ecco che le risposte positive al suo bisogno vitale di essere preso in braccio e accarezzato, fanno sì che il bambino provi un senso di sicurezza, di stabilità e di equilibrio che gli permettere di crescere e di emanciparsi.

 
5 gennaio 2007

Barbara CAMILLI

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