tra saggezza e scienza
Il presente articolo è tratto da Breastfeeding Abstracts vol 18 1999 di Lisa Marasco e Jan Barger

È accertato che i neonati, soprattutto se allattati al seno, stanno meglio e crescono bene quando gli viene permesso di poppare secondo le loro necessità. Nonostante questo molte mamme continuano a credere che bisogna aspettare un tempo per permettere al seno di riempirsi fra una poppata e l’altra.

Alcune fonti tradizionali poi consigliano di aderire a un orario secondo cui i bambini vanno allattati a intervalli di tre o quattro ore. Se per alcuni bambini questo può andare bene, per altri no.

L’articolo seguente attraverso il riferimento a ricerche recenti vuole aumentare la comprensione sull’importanza dell’allattamento a richiesta, nonché il ruolo dell’appetito del neonato nella regolazione della produzione del latte.

Per capire i processi che determinano la sintesi del latte (lattopoiesi) fino a qualche tempo fa si sono focalizzati sul considerare l’aumento della prolattina quale risposta alla suzione del piccolo. Nello studiare questo aspetto i ricercatori  non hanno trovato un rapporto diretto coerente e costante tra livelli plasmatici di prolattina e produzione di latte materno.

Peter Hartmann e colleghi australiano hanno considerato un altro aspetto; hanno studiato l’allattamento attraverso mappatura dei seni in lattazione prima e dopo le poppate facendo ricorso ad attrezzature video e computer per verificare e misurare i cambiamenti volumetrici del seno. Attraverso questo lavoro Hartmann ha concluso che “la velocità di sintesi del latte fra le poppate varia a seconda del grado di pienezza de seno: più il seno è pieno, più la velocità di produzione del latte è lenta, e al contrario, più il seno è vuoto, maggiore è la velocità con cui il latte viene rimpiazzato”.

La buona riuscita dell’allattamento è legato allo sviluppo di un numero adeguato di recettori per la prolattina, questo durante il periodo di controllo endocrino, il quale a sua volta è legato dalla frequenza delle poppate: ecco che più frequenti sono le poppate maggiore è lo sviluppo dei recettori.

Lo studio ha evidenziato un aspetto: le donne che allattavano al seno ad orario hanno una buona quantità di latte nei primi due mesi, mentre a seguire hanno un tasso alto di ipogalattia intorno ai tre quattro mesi. A conferma di questo si nota che i figli di queste donne hanno un calo ponderale al di sotto della media ecco che sono necessarie delle integrazioni, fino a bambini che si svezzano volontariamente rifiutando il latte al seno. Questo latte infatti esce più lentamente e di conseguenza a questi si preferisce il biberon che ha un volume superiore ed una fuoriuscita maggiore.

La ricerca di Hartmann sugli intervalli fra le poppate ed il contenuto di grassi nel latte apre a nuove conoscenze: l’appetito del bambino contribuisce a regolare la sintesi del latte.

Il ricercatore Michael Wooldridge  ha proposto un concetto legato al livello di calorie nel latte. Per lui il consumo di latte, quindi l’assunzione dei grassi, è un elemento che incide nel controllo dell’appetito e quindi nella conseguente sazietà nel bambino.

I sostenitori dell’allattamento ad orario spesso impongono dei limiti sulla durata del pasto limitando di conseguenza il consumo di grassi rilasciati alla fine della poppata.

I sostenitori dell’allattamento ad orario ritengono che distanziando gli orari dell’allattamento fanno si che il bambino sia più affamato e quindi richiedono il latte in maniera più decisa ottenendo la quantità di latte necessaria a togliere l’appetito. Wooldridge  nel suo studio ha dimostrato che prima dell’inizio della  poppata i livelli dei grassi nel latte hanno un rapporto inverso alla lunghezza dell’intervallo fra le poppate. Ecco che la “la concentrazione dei grassi può essere incrementata aumentando sia la frequenza delle poppate sia la quantità di latte estratto dal seno durante il pasto. Quando la frequenza della poppata e la sua durata vengono limitati ad orari……, il risultato può benissimo essere un consumo diminuito di grassi da parte del bambino…”.

Il bambino che si sveglia e si prepara a mangiare lo fa capire molto bene. Inizialmente si muove un poco, c’è chi sembra agitato. Se la mano è vicina al viso può girare la testa verso di essa cercando di succhiare il pugno o altro che trova davanti alla bocca.

Se questi segnali di appetito sono ignorati il bambino inizia a lamentarsi fino ad emettere dei rumori acuti fino al pianto. Una madre che allatta solitamente sa riconoscere il segnale della fame nel piccolo soddisfando il bisogno mettendo il seno all’inizio di questa sequenza di segnali.

Con l’allattamento ad orari tutto avviene in maniera diversa.

Un neonato che viene lasciato piangere per molto tempo può diventare molto disorganizzato e avere maggiore difficoltà ad attaccarsi al seno e succhiare correttamente. A conseguenza di ciò non prende tutto il latte di cui ha bisogno. Se questa serie di eventi si ripete nel tempo la produzione di latte materno nella madre cala sensibilmente.

Ecco un altro motivo per cui l’allattamento ad orario può incidere nel calo di produzione del latte.

Alcuni sostenitori dell’allattamento ad orario hanno pensato di utilizzare il succhiotto  per ritardare la poppata. Interventi di questo tipo non sono esenti da rischio quando il succhiotto è utilizzato non come veicolo di sfogo, quanto come mezzo per ritardare la poppata.

Dall’accademia americana dei pediatri si dice: “i bambini allattati al seno hanno bisogno di essere allattati a richiesta e dovrebbero essere liberi di stabilire da soli il proprio orario, piuttosto che obbligarli a seguire un orario predeterminato”.

Si è visto come, tutte le interferenze che agiscono sulla capacità del bambino di segnalare i propri bisogni, sono responsabili di aumenti ponderali insufficienti, mancanza di crescite adeguate, mancanza di latte, svezzamento precoce non voluto, casi di coliche.

 

2 gennaio 2007

 

Dottoressa CAMILLI Barbara

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